ALBERTO SCIAMPLICOTTI

Eredi di antichi vichinghi


Questa mattina il tempo è decisamente virato al bello. Ieri sera, dopo aver piantato le tende sul valico del Geologpasset il cielo si era chiuso e nuvole basse avevano avvolto il nostro campo. Una neve dai fiocchi piccoli ma fitti aveva poi inumidito i teli esterni delle tende e tutto si era fatto più bianco e morbido. Bello ma umido.

Oggi invece il sole ci ha quasi cacciato dalle tende e il campo è stato smontato con negli occhi l’azzurro del cielo. Nelle narici c’era l’odore indescrivibile della neve, quello che nelle fredde giornate di primavera è la metà del piacere di stare in montagna.

In breve le slitte sono pronte per iniziare la traversata del ghiacciaio di Esmark. L’obiettivo è quello di montare il prossimo campo sotto le pendici del Polhøgda. Così, chiusi i bagagli fra i primi, ci ritroviamo ad aspettare che anche gli altri siano pronti. Non resistiamo a lungo però, basta uno sguardo con Filippo e Paolo per decidere di salire a piedi verso la cresta che punta verso Nord e che arriva dal congiungimento fra Geologryggen e Knasten. L’idea è quella di osservare il Kjerulfbreen dall’alto. Sulla cresta, siamo raggiunti da un trafelato Howart, che fucile a tracolla, ci ha seguito sugli sci. Sorride, ma è deciso mentre ci rimprovera di esserci allontanati senza la protezione del fucile. Il suo timore che possa spuntare un orso bianco.

“Il Polar bear, polar bear va bene… ma che barba con questo sempre appresso!” borbotta Filippo, “sembra di essere a scuola.”

Intanto dietro a Howart sono saliti anche altri. Gli sci scorrono sulla cresta verso il suo culmine, un colletto che si affaccia sulla stretta valle glaciale che chiude il Geologryggen e il Varmland Ryggen arrivando fin sul mare. Poi, una discesa breve ma su neve bellissima ci riporta verso le nostre slitte.

Una parte del gruppo si è diretta verso lo Spyret e i suoi ripidi canali, noi cominciamo invece la traversata dell’Esmarkbreen. Nel cielo non c’è una nuvola e ci accompagna un sole quasi caldo per queste latitudini. Un tratto del percorso lo faccio chiacchierando con PerMorten, un norvegese alto più di un metro e novanta e che indossa un equipaggiamento decisamente antiquato: occhiali da ghiacciaio che potrebbero essere appartenuti a Hermann Buhl, una piccozza così lunga che forse solo Paccard aveva, sci stretti e lunghi, normali fino a una quindicina di anni fa, scarponi di cuoio e sulle spalle uno zaino di tela. In bella vista, legata sopra la slitta, la pelle di renna che svolge le funzioni di sacco a pelo: roba da Nanuk l’eschimese ma che sembra essere consuetudine fra i norvegesi che sono con noi. “Ci dormo nudo dentro” mi dice PerMorten, “è caldissima.”

Provo a capire la sua ostinazione per questa attrezzatura così datata.

“I miei avi erano vichinghi. Sono il loro erede” mi dice con un sorriso ironico, “non posso fare diversamente. Per me è anche questo il gioco dell’avventura sulla neve.”…

SVALBARD (10)

TRAVELS

BIO

LOOKlook.html
SPONSORsponsor.html
TORNA ALL’INDICE DEL VIAGGIO ALLE SVALBARDindice_svalbard_ski.html
TRAVELSTRAVEL.html