ALBERTO SCIAMPLICOTTI

Il Polar Bear


Per le guide norvegesi, il problema dell’orso bianco sembra essere qualcosa di presente e di tremendamente vivo, un pericolo da tenere costantemente presente e su cui vigilare costantemente. Per noi, abituati alla fauna italiana, estremamente rarefatta dalla caccia e relegata in poche aree dall’antropizzazione, l’incontro con il re dei ghiacci nordici, il più grande carnivoro terrestre esistente, sembra invece essere qualcosa di forse probabile ma anche ugualmente lontano. Così, il dover sottostare ai turni di guardia notturna viene preso da tutti più come una regola strana del gioco della traversata in sci che come una effettiva necessità: insomma, è come quando per giocare a nascondino si viene estratti a sorte per accecarsi, non è la cosa più divertente che possa capitare ma fa parte delle regole a cui bisogna sottostare per poter tutti apprezzare il gioco. La cosa invece cambia di tono quando, durante le escursioni, gli sciatori sono pressati all’inizio e alla fine del gruppo, da Havard o da Thor armati di fucili da caccia, guardiani di questo strano gregge sciante: la cosa ti fa sentire un po’ pecora, protetta dai lupi dal suo pastore.

Il vantaggio delle guardie notturne all’orso bianco è quello di poter godere di un’ora di vera solitudine fra queste nevi e questi ghiacci. Si viene svegliati dal compagno al termine del suo turno: da uno spiraglio della chiusura lampo della nostra tenda ci passa il ruolino della successione delle guardie, un foglietto scritto a penna con la successione degli orari e dei nomi per poi correre a rinchiudersi nel suo sacco a pelo. Il tempo di infilarsi un paio di sovrapantaloni imbottiti e di mettersi il piumino e si è fuori, nel silenzio della notte dal sole ancora e sempre alto. Essere svegliati alle tre della notte, nel bel mezzo del sonno e ritrovarsi dopo pochi istanti, gli occhi dalle palpebre ancora incollate, a dieci gradi sotto zero potrebbe sembrare una cosa poco simpatica. In realtà, come detto poco sopra, fa parte del gioco della traversata artica in sci e per questo ben accetto. Inoltre, come non essere felici di questa ora di veglia, quando essa stessa è la chiave per entrare in un mondo altrimenti a noi negato? Così, mentre chiudo la lampo del piumino e alzo il cappuccio imbottito, guardo intorno a me come forse lo fece Alice dopo aver varcato la soglia dello specchio. Nell’aria fredda, a pochi centimetri dalla neve, sono sospese piccole e scintillanti stelle di umidità che il vento muove piano. Il sole è sempre ben alto sopra l’orizzonte, solo ora il suo vagabondare lo ha portato a riflettersi sopra il Trygghamma, il fiordo dove siamo sbarcati, e a dorare le nevi dell’Harrietbreen. In questo momento poi, nuvole basse e scure velano e scoprono continuamente il disco giallo pallido nel cielo, creando macchie cangianti sulle montagne innevate e sui ghiacciai. Faccio un respiro profondo, permettendo al freddo di questa notte artica di entrare nelle mie narici e nei polmoni, allargandoli e lasciandomi dentro uno strano pizzicore. Mi guardo in giro. Orsi polari non se ne vedono. Chiudo un attimo gli occhi, solo per riaprirli e poter ancora godere di questo spettacolo e della mia felicità di essere qui…

SVALBARD (8)

TRAVELS

BIO

LOOKlook.html
SPONSORsponsor.html
TORNA ALL’INDICE DEL VIAGGIO ALLE SVALBARDindice_svalbard_ski.html
TRAVELSTRAVEL.html