ALBERTO SCIAMPLICOTTI
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LUCA GASPARINI

Nuova intervista: questa volta l’ospite di queste pagine, il soggetto di domande che spero non diventino mai banali, è Luca Gasparini conosciuto come il motore di quella macchina va sotto il nome di “WHITE PLANET”. Non credo ci sia bisogno di altre presentazioni.


Ciao Luca, inizio con una domanda forse un po' buffa da fare a chi è considerato da molti in Italia come uno dei Guru del Telemark. Sono famose e giustamente apprezzate le tue lezioni, il modo in cui riesci a trasmettere nozioni e tecnica di questo antico modo di curvare: ma tu come sei arrivato al telemark?


Buffo è che la parola guru l'abbia conosciuta proprio nel mondo del telemark! Già non mi piaceva e men che meno mi piace sentirla oggi a maggior ragione se usata per indicarmi. Non sono un guru e me ne guardo bene e diffido da chi si lascia appellare così. Detto questo posso concordare che insegni sciare e il telemark e che lì possa dire qualcosa di diverso ma forse la vera diversità sta nel fatto che mi piace insegnare e mi piace spiegare il perchè si debbano fare certe cose e certi movimenti, solo se si diventa consapevoli di ciò che si fa si può essere tranquilli e provare piacere e da lì “osare” qualcosa di più.

Come sono arrivato alla sciata a tallone libero? Un po' per mia curiosità, irrequietezza – intesa come apertura a rimettersi in gioco e tornare principiante e sicuramente anche grazie a Livigno. Livigno, dove abito e lavoro è un villaggio sicuramente particolare e magari anche discutibile nelle sue scelte turistiche ma è altresì un posto dove la comunità sportiva è molto agile a cogliere le novità. Molti anni fa Livigno ospitò la prima gara di snowboard, di freestyle e Rudy Mottini, il proprietario del negozio dove molti oggi vanno ad acquistare l'attrezzatura da telemark era giudice internazionale di freestyle (dopo essere stato atleta dello stesso sport). Un anno di ritorno dall'America portò con sè dell'attrezzatura da telemark e raccontò di quel tipo di sciata. Già qui in Italia erano usciti i primi articoli di Giorgio Daidola sulla Rivista della montagna dove in modo molto elegante e professionale – tutti conosciamo la scrittura di Giorgio – parlava del telemark in quanto essenza dello sci. Insomma ho iniziato per una concomitanza di situazioni: attrezzatura reperibile dove abitavo, una rivista che ne parlava in modo profondo e affascinante e poi un filmato, quello di Morten Aass “The time machine” che chiudeva il cerchio. Facevo sci alpino, facevo fondo, sci alpinismo, snowboard e non potevo farmi mancare il telemark. Potrei dire che lì è iniziato il percorso, ma in effetti lì è terminato il percorso sciistico che mi ha fatto approdare alla sciata a tallone libero, la vera forma sciistica. Vera perchè in un mondo ideale sono convinto tutti, specie I bambini, dovrebbero iniziare a sciare a tallone libero per poi specializzarsi in alpino, fondo puro, salto puro e tutte le altre forme sciistiche che tutte potrebbero essere praticate partendo a tallone libero. Ma si tratta di un sogno, il mondo reale pensa sia giusto ingessare talloni e caviglie. Peccato per loro...


WhitePlanet, l'associazione di cui sei stato fra i fondatori, al principio era costituita oltre che da te da Giorgio Daidola, Manolo, Morten Aass e John Falkiner. Se non sbaglio voleva essere un mezzo, un modo di relazionarsi al mondo dello sci e al mercato proponendo i viaggi e le emozioni che vivevate in prima persona. Quasi un'auto-sponsorizzazione. C'è qualcosa che rimpiangi di quella prima fase di WP?


Nessun rimpianto se non che nello stesso momento in cui formammo WP quasi tutti i membri che la formarono presero strade famigliari e lavorative diverse e il gruppo non riuscì più a fare un viaggio tutti insieme. Per altro è curioso che quando il raziocinio, la logica si impose suggerendoci di formare il gruppo, qualcosa dell'emozione si ruppe e non si viaggiò o sciò più insieme. Il gruppo si formava spontaneamente e l'organizzazione non è mai – forse per fortuna – capace di aggregarci. Una sorta di conflitto tra parte destra e sinistra del cervello? Chissà?


Lo sci-viaggio di quest'anno in Giappone, da poco concluso, sembra quasi essere il trait d'union con quel cammino che era iniziato quando hai girato il film: "Telemark e Aikido". Si direbbe quasi che si sia chiuso un cerchio: dalla teorizzazione del telemark assimilabile a un'arte marziale interiore, al curvare genuflettendosi proprio in quella terra che alle arti marziali ha dato un così grande contributo. E adesso? Secondo te il telemark - che ora mi sembra più rigido di un tempo con l'uso dell'attacco NTN - può ancora essere assimilato all'Aikido? Esiste ancora quella forte propensione che ti faceva dire: "Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e con"?


Per rispondere mi slego un  po' dalla tua domanda. Il filmino fu girato molti anni fa. Il viaggio, l'ultimo in termini di tempo è di pochi mesi fa. In mezzo ci sono stati tanti viaggi sciistici,  molte azioni e reazioni. Quel che rimane, oggi come ieri, è la sensazione o meglio la sempre più profonda convinzione che il telemark sia la sciata, non a tallone libero ma a “corpo libero”. Ogni volta che scopro un nuovo pezzettino del mio corpo e lo scopro perchè I talloni sono liberi, scopro che il bello sta nel corpo, libero di fare tutto. Di muoversi molto e ad ogni piccolo nuovo movimento segue una reazione che va solo utilizzata per quel che è nel modo più opportuno, utile ad fine di quella curva di quel pendio per star bene, essere in armonia con il tutto che è là su quel pendio. Si, ad ogni azione corrisponde una reazione. Ti farò allibire o sorridere ma il viaggio in Giappone con tutta la sua neve, profonda e decantata mi ha assai svuotato. Son tornato in Italia (dove per di più non ha nevicato per così tante settimana, vuoto. Non direi stanco ma vuoto. Azione/reazione?


(SEGUE)

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