ALBERTO SCIAMPLICOTTI
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LUCA GASPARINI (2)

Sei nato a Milano, la città delle città, ma ora vivi a Livigno, forse uno dei luoghi ancor oggi più isolati e orograficamente difficili da raggiungere d'Italia. Solo la voglia di fuggire dal traffico e dal caos o c'è dell'altro? E come cittadino, come sei stato accolto a suo tempo dai livignaschi, la tua "integrazione" è stata facile o sofferta?


Le tue domande sono difficili o almeno richiederebbero un sacco di tempo per rispondere e non son sicuro che la gente abbia così tanta passione per la lettura e altrettanto interesse a sapere di me. In ogni caso son scivolato a Livigno perchè mio padre ha portato subito, sia mi sorella sia me, in montagna e in montagna mi son sempre trovato bene. Livigno è sempre stata la nostra stazione sciistica e quindi non è stata una scelta o se qualcuno ha scelto fu mio padre e fu una buona scelta. Lontanissima all'epoca da Milano, fredda, selvaggia insmma tutto ciò che continuo a cercare nei mie viaggi e nel mio sciare. Se vivere le condizioni geografiche e meteorologiche è questione di adattabilità e accettazioni delle stesse e quindi facile se disposti a tutto quanto assai più difficile è adeguarsi – ancor oggi – alla comunità. Diciamo che come tutti i paesi di montagna sono chiusi geograficamente e intellettualmente, nessuno sarà mai accettato nelle valli e così è anche per me. Per altro son sempre stato milanese e relativamente orgoglioso di essere di Milano quindi questo non rende la vita facile quando ci si trova in un contesto sociale. Di sicuro Livigno non aiuta, ma neppure io mi aiuto. Ma ve bene così, fa parte delle realtà del luogo. Credo di aver dato tanto a Livigno, il giusto per poter aver diritto a viverci senza bisogno di chiedermi se sono accettato o no.


Quale delle esperienze da te vissute in montagna ti hanno più segnato o di cui serbi il ricordo più forte?


I ricordi più forti sono di moltissimi anni fa. La prima sciata della mia vita, a cinque anni in Val Formazza dove in primavera su neve primaverile scivolai al fianco di due mie cugini gareggiando a chi sarebbe arrivato più lontano e per una delle poche volte nella mia vita vinsi. Strano ma la ricordo benissimo. Ricordo il fazzoletto di neve, il bosco che lo circondava, la neve primaverile e non sarei sincero se non dicessi anche del ricordo di essere arrivato più in là.

Poi quando ero già maestro di sci ma giovane e spensierato senza l'assillo di lavorare per guadagnare e vivere un inverno di sciate in neve fresca con degli amici di Livigno anche loro maestri di sci. Ricordo giornate quando non si vedeva niente per il brutto tempo, tantissima neve fresca e gli sci che facevano tutto da sè. Seguivano il pendio senza nessuna sensazione di squilibrio. Credo di non aver mai più sciato così bene. La prima gamba rotta, la valanga ... niente è più presente in me che la prima sciata e quell'inverno.


Qual'è secondo te, se esiste, la vera difficoltà nell'approcciare il telemark? Per chi comincia qual'è il punto più difficile da superare, oltre il quale il corpo riesce a superare le tecnica e a essere tutt'uno con la curva che viene tracciata dagli sci?


Prosaicamente la prima e maggior difficoltà è trovare l'attrezzatura, la seconda il fatto che I “professionisti” della neve (maestri di sci, scuole sci e compagnia ballante) non concepiscono nulla se non la loro pratica specifica. Nella praticamente la difficoltà è una e una sola: non c'è nessun vantaggio pratico e necessità necessità di far telemark. Cerco di spiegare. Quando nacquero gli sci non scivolavano, anzi producevano un sacco d'attrito. Infatti sotto lo sci non c'era plastica ma bensì legno poco scorrevole. Gli attacchi lasciavano i talloni liberi d'alzarsi e là era logico e primario se non vitale mettersi in posizione telemark sia per rimanere in piedi sia per atterrare dopo il salto, sia per curvare. Oggi invece: gli sci scorrono che è un piacere, I talloni potrebbero sicuramente essere bloccati e quindi mancano tutti I presupposti pratici a rendere il telemark e la sua posizione l'unica e vera soluzione. Quindi cosa rimane o sembrerebbe rimanere? L'estetica. E qui la gente si avvita nell'inginocchiarsi in nome della forma estetica ma il vantaggio pratico della sequenza del telemark non è preso in considerazione. Il telemark ha numerosi vantaggi pratici rispetto lo sci alpino ma credo che pochi tra gli stessi telemarkers sappiano quali siano. Se lo sapessero diverrebbero migliori telemarker per sè e miglior telemarker in quanto propugnatori del telemark. Insomma un macello o forse io troppo estremo? Diciamo che a non aiutare ci si è messa pure la “tecnica italiana” che non aiuta certo a chiarire le idee.


In questo periodo sembra esserci un grande fermento intorno al telemark: il lavoro che da anni porti avanti tu, quello di TelemarkSnowEvents, quello di tanti appassionati, sembra aver creato un agitazione intorno a questa tecnica che non si era mai vista prima - forse solo al principio degli anni '80. Secondo te il futuro può portare a breve qualcosa di nuovo riguardo al numero di praticanti?


Nello scenario che delinei salvo solo il lavoro di TSE, loro fanno vero proselitismo. Fanno provare molta gente, offrono la possibilità a pochi o tanti che siano di provare e continuare. Tutto il resto, WP compresa, è abbastanza sterile. WP, Scufoneda, Skieda sono situazioni per chi già è appassionato non aiutano a far crescere la comunità. La Fisi è pure complice perchè non aiuta a diffondere il telemark nei modi in cui potrebbe, tipo la formazione di una squadra agonistica. Non ci son santi, in Italia ci si appassiona a qualcosa quando si legge o vede che Pinco ha vinto il Campionato del Mondo. Chiunque dica che l'agonismo non vale niente scorda che in Italia anche l'agonismo aiuterebbe a dare maggiro ufficialità a questo sport. Per non parlare del partimonio delgi Istruttori Nazionali che è del tutto inutilizzato.


(SEGUE)

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