ALBERTO SCIAMPLICOTTI

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HEINZ MARIACHER

Cosa scrivere per introdurre un’intervista a una persona di cui si ha una grande stima e che ha saputo segnare in maniera indelebile la storia dell’arrampicata? E’ la domanda che mi sono posto iniziando a comporre questa pagina del sito e a cui non sono riuscito a dare una risposta... forse perché fin da quando mi sono avvicinato alle montagne e all’alpinismo, Heinz ha rappresentato per me l’essenza stessa di questo modo strano di ricercare l’avventura e le emozioni sulle pareti. Quando poi ci siamo conosciuti personalmente, oramai più di 10 anni fa, ho capito di avere di fronte una persona che ha cercato nella sua vita di portare avanti la ricerca del limite non solo nell’arrampicata e nell’alpinismo, ma in tante altre situazioni. Il volare con il deltaplano era una di queste, come anche lo scendere pendii innevati con una tavola da snowboard. Inoltre, incredibilmente forse per i parametri della società in cui viviamo,

dotato di una grande etica e di una modestia sproporzionata riguardo agli obiettivi che è riuscito a raggiungere nella sua vita.


Heinz, tu sei conosciuto come uno di quelli che hanno rivoluzionato il mondo dell'arrampicata su roccia alla fine degli anni '70 e durante gli anni '80. Arrampicare è qualcosa che indubbiamente riesce meglio ed è più bella in una giornata calda e assolata. D'inverno invece il tuo alpinismo dove ti ha portato? Hai mai provato a realizzare delle salite prettamente invernali, o questo era un modo di affrontare la montagna che a te non ha mai interessato forse perchè pieno della retorica degli anni '60 e '70, quelli delle grandi invernali?


Per me il sogno arrampicata era da sempre legato alla roccia calda, al sole, al cielo blu. L’idea di aumentare le difficolta’ scegliendo condizioni meteorologiche o stagionali sfavorevoli non mi ha mai interessato. Ho sempre visto la mia evoluzione personale nell’aumento delle capacita’ atletiche, arrampicando in condizioni piu’ perfette possibile. Questo non vuol dire che qualche piccola invernale me la sono fatta anch’io, come la Solda’ o la prima salita della Via Ombrello sulla Marmolada a 20° sotto zero!


Qual'è il ricordo più forte che ti porti dentro degli inizi della tua attività su roccia? L'Heinz bambino che cominciava ad arrampicare sulle montagne vicino casa o quello delle prime salite in Dolomite?


Anche in Austria abbiamo delle belle montagne, ma le Dolomiti per me sono insuperabili! I ricordi piu’ forti sono senz’altro certe solitarie.


In pochi sanno invece della tua passione per le discese in snowboard. Quando e come hai iniziato. Sei stato un precursore anche in questo campo?


Ho cominciato tanti anni fa in America, forse prima che diventasse di moda qui da noi. Mi sono divertito a fare discese ripide come la nord della Marmolada con meno curve possibile, per esempio 4 curve sui 600 metri della nord ovest,  ma tutto sommato ero al massimo mediocre. Forse per le mie modeste capacita’ tecniche rendo bene sul ripido perche’ ho sempre amato i precipizi e la velocita’ (Anche col Deltaplano viaggiavo sempre a cento all’ora!)


Quali le emozioni e le motivazioni dietro a questa parte della tua attività? Perchè lo snowboard e non lo sci, magari anche estremo?


Lo sci mi ricorda troppo gli ambienti tradizionali che avevo frequentato e sofferto per diventare arrampicatore in Austria. “Se vuoi diventare arrampicatore”, mi avevano detto, “devi diventare socio dell’Alpenverein (il Club Alpino Austriaco), dove trovi gente con esperienza che ti insegna...” Sfortunatamente c’era l’inverno alle porte e cominciava la stagione dello scialpinismo. Cosi’ mi convinsero a partecipare alle gite di gruppo sulle montagne innevate senza mai toccare roccia. Tante noiosissime escursioni di finesettimana che finivano sempre in qualche rifugio con tanta birra e e quella stupida musica dei cornuti Tirolesi!

Molti anni dopo invece scoprii l’ambiente giovane dello snowboard, un ambiente e stile di vita molto piu’ attraente e rilassato. A parte questo, trovo che lo snowboard e’ l’attrezzatura piu’ adatta per la neve fresca (soprattutto quando c’e’ crosta!). E a me interessa solo il fuoripista, trovo inaccettabile dividere lo spazio con altri e ancora piu’ assurdo scendere le piste sotto gli occhi della polizia!


Tuo compagno di tante discese, alcune anche impegnative. è stato spesso Tone Valeruz, un protagonista indiscusso dello sci estremo. Una volta lui mi ha detto che fra arrampicare slegato e sciare sul ripido per lui è sicuramente più facile il primo: lì si hanno 4 punti di appoggio, mani e piedi, che garantiscono la presa in parete, con gli sci la presa sul pendio è garantita solo dal filo dello spigolo e la concentrazione necessaria a mantenerla non è paragonabile a quella necessaria nell'arrampicata. Tu che hai fatto innumerevoli salite in solitaria e slegato, sei dello stesso parere o come rocciatore il tuo è un parere opposto?


Tutto dipende dalla difficolta’ o dalla pendenza. Su una via difficile i 4 punti di presa te li puoi sognare! Quello che preferisco pero’ della roccia e’ che e’ ferma, mentre la neve si muove.


Cosa pensi invece del Telemark ora che con l'uso dei nuovi materiali è diventato più veloce e, forse, più simile allo scialpino? Lo vedi ancora solo come un vezzo tecnico per nostalgici e snob? (Qui vacci piano, sai che io scio con l'attrezzatura a tallone sbloccato e sono un appassionato del telemark!)


Devo ammettere che ha qualcosa, il movimento fluido mi piace. Nostalgici e snob? Mi sembra piu’ una forma di masochismo e rendersi la vita sulla neve piu’ complicata possibile.




(SEGUE)

© Alexander Karelin

in discesa da Punta Penia in Marmolada

Tone Valeruz

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