Nell’ultimo libro che hai scritto “E Se La Vita Continua”, mi hanno colpito molto i primi capitoli, quelli sulla tua infanzia. Ti confesso che alcuni passi mi hanno emozionato, arrivando a ricordarmi uno scrittore irlandese, il Roddy Doyle di “Paddy Clark ah ah”. Era una scrittura piena di vita e che riusciva a rendere perfettamente le emozioni che volevi trasmettere.
In questo libro correvo il pericolo di ripetermi nei momenti in cui riproponevo storie che avevo già raccontato, come ad esempio con la vicenda del volo di Luciano al Campanile Basso. Ho aggirato l’ostacolo narrando al passato, ma soprattutto raccontando le mie emozioni: quello che ho ricevuto e quello che avevo dato. Quindi, mentre negli altri libri dico: “...prendo, mi tiro su e il chiodo si leva” o cose simili, qui cerco di evitare per quanto possibile i termini tecnici. Il materiale non viene quasi mai nominato. Racconto le emozioni. Ero partito dicendo: “non voglio scrivere un libro di montagna”. Ero deciso su questo. E’ logico poi che parlando della mia vita entri per forza in causa la montagna. Qui però diventa uno sfondo, una quinta, non è più il soggetto della storia. Ho cercato di scrivere delle difficoltà di diventare quello che sono stato, della difficoltà di rimanerlo e soprattutto della difficoltà di smettere di esserlo. Penso di esserci riuscito, anzi, sono sicuro. E’ anche quello che mi dice chi ha letto il libro.
Personalmente mi è piaciuto soprattutto per la volontà di volersi raccontare per come si è: sia nei lati migliori che in quelli meno buoni.
Tornando al perché scrivo, non c’è una vera ragione. Mi piace e lo faccio. Inoltre, in un certo qual modo, mi piace anche il mio modo di scrivere. E’ un po’ giornalistico, se vuoi semplice, ma riesce a rendere quello che sento. Il mio autore preferito, da sempre, è Garçia Lorca. Mi piace la sua maniera di scrivere, di usare i colori, i calori. E’ un punto di riferimento. Senz’altro a volte pecco nell’abbondare con gli aggettivi. Però a me continua a piacere come riesco a scrivere.
Hai solo scritto di montagna?
Libri sì. Ho solo scritto di montagna e anche tutto autobiografico. Invece, come giornalista, sono iscritto all’albo dei pubblicisti dal ’72, ho fatto articoli vari, di colore, di reportage, politico-ambientalisti. Mi ritengo un’ambientalista, ma non un ambientalista fondamentalista. Ho sempre detto che mi sento un po’ come Mister Hyde e il Dottor Jekyll. Come il Dottor Jekyll vorrei un po’ di gente, il turismo e le comodità. Come Mister Hyde invece non ne vorrei. Mi sono accorto che sempre e comunque si paga un grosso scotto per il benessere turistico. Bisognerebbe cercare un equilibrio, ed è quello che ho cercato di fare nei miei pezzi. Ho scritto dell’Africa, dei miei viaggi, però sempre in rapporto a quanto detto prima: cercando di descrivere anche il calore umano e non soltanto quanto vedevo. Mi hanno anche proposto di scrivere delle guide, ma non è il mio campo. Non sono tagliato per questo genere di cose.
Quando hai iniziato a scrivere, a cercare di raccontare nella forma di scrittura, ti è stato vicino qualcuno in particolare?
No. Come ti dicevo prima sono stato sempre geloso di quello che scrivevo. Ho preteso sempre il rispetto dei miei scritti, anche se non ero nessuno. Tant’è vero che nel momento in cui Garzanti per “Arrampicare è il Mio Mestiere”, per il quale mi aveva dato un acconto - acquistandolo praticamente a scatola chiusa - mi mandò le bozze di stampa con il testo profondamente cambiato, disse che avrei dato l’autorizzazione alla pubblicazione di quella versione solo nel caso in cui avesse riportato la dizione “da un’idea di Cesare Maestri, scritto dal Professor Tal dei Tali”, perché solo un professore poteva aver fatto una roba del genere. Dopo qualche insistenza la Garzanti accettò la mia versione iniziale e in seguito dovette ammettere che fu una mossa giusta. La stampa elogiò infatti il libro, portandolo addirittura come esempio di un nuovo modo di scrivere di montagna, libero della retorica che fino a quel momento aveva accompagnato questi scritti.
Insomma, finalmente era caduto il limite del sesto grado della letteratura di montagna.
Sì, penso che per molto tempo sia stata questa la barriera: scrivere di montagna e di alpinismo gonfiando tutto con un misticismo saturo di retorica e bigottismo. Sinceramente penso di aver dato uno scrollone a tutto questo.
C’è qualche autore di letteratura di montagna a cui sei particolarmente legato?