ALBERTO SCIAMPLICOTTI
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CESARE MAESTRI (3)

Sai, non è che ami leggere particolarmente di montagna. Questo per i motivi che ti dicevo prima. In passato ho letto qualche cosa, classici tipo “Premier de Cordèe” di Frison-Roche, ma in linea di massima non amo leggere particolarmente questo genere. Sembrano sempre le solite menate. Ultimamente ho letto un libro di cui ho fatto anche l’introduzione, che mi è piaciuto molto. Era scritto da un mio vecchio amico...


Penso che tu stia parlando di quello stupendo volumetto intitolato “Arrampicare era il Massimo” di Franco Giovannini.


Sì, ecco quello per me è un bel libro - e non solo di montagna, in assoluto. C’è una storia, che funziona aldilà dell’ambiente in cui si svolge. A proposito di questo libro: quando l’ho letto la prima volta per fare la prefazione sono rimasto impressionato dal modo in cui anche l’argomento arrampicata veniva trattato: senza enfasi ma con una potenza evocativa notevole, tant’è che ho detto a Giovannini “Se sapevo che eri forte così ad arrampicare, ti avrei portato al Torre con me!” Da giovane Franco non era fortissimo, un sestogradista, al massimo andava da primo sul quarto. Lo chiamavamo infatti “la vacca volante”.


Nell’ultimo libro l’ossessione sembra essere stata la chiave della tua vita. L’ossessione della solitudine alla notizia della morte di tua madre, della morte durante gli anni della guerra, della ricerca di un futuro migliore per se e gli altri, l’ossessione di diventare il più forte alpinista del momento e di fare questo da solo, l’ossessione di essere sempre un gradino più alto della propria fama, l’ossessione del Cerro Torre... Sembrerebbe quasi che tutto questo possa essere racchiuso, persino il tuo carattere notoriamente polemico, nell’ossessione di venire apprezzato solamente per quello che realmente sei o non sei stato. Anche ora, che bene o male conduci una vita normale hai sentito il bisogno di trasmettere questo stato di uomo normale, felice delle piccole cose della vita e che nella gioia e nel dolore cerca di trovare la sua esatta collocazione. E’ giusta questa analisi?


Abbastanza. Devi pensare che noi siamo figli di una guerra e che siamo cresciuti con grossi problemi, veramente grossi. E’ normale che questo abbia influito sulla maniera di affrontare la vita. Ad esempio, anche oggi ho un’ossessione, un pensiero che mi accompagna nella vita. Mi sto rendendo conto, come diceva un vecchio libro di Terray, che forse veramente quello che ho fatto nella vita è stato conquistare l’inutile. A volte mi domando se veramente non abbia arrampicato sul niente. Ti sembrerà da ridere, eppure mi domando: “Ma cosa cazzo ho fatto nella vita?” Sì, mi scrivono ancora e alle serate firmo centinaia di libri. Si fanno fotografare con me, eppure... quello che cerco non è l’applauso, solo che non mi sembra alla fine di aver concluso gran che. E’ come se avessi scritto sull’acqua. Mi ricorderanno? E come mi ricorderanno? Solo come una scimmia che è andata su e giù sulle rocce, o per che cosa?


E’ una cosa che colpisce questa e penso sia molto bella. Sei in un’età in cui si pensa che si abbiano solamente punti definiti nella vita. Avere dei punti interrogativi vuol dire ancora mettersi in discussione. E questo penso sia la caratteristica che definisca una mente vitale


Non è che non sia soddisfatto o sia infelice, ma se ripenso ad esempio a quando scesi slegato dalla via delle Guide, una via tutta di sesto, e a metà gettai di sotto la corda, beh non posso fare a meno di chiedermi “Di quella spavalderia, verso gli altri, verso me stesso, verso la mia tecnica, cosa rimane?” Non rimane nulla. Il giorno dopo piovve e non rimase nemmeno  un grammo del sudore che avevo lasciato fra quelle rocce, di tutta quella passione che ci avevo messo. A questo punto vorrei, come ho scritto anche in qualche punto nel mio ultimo libro, dissolvermi, sparire....


Dopo tanto protagonismo...


Sì, sparire. Così semplicemente. D’altra parte vorrei scrivere di questo, però nel momento in cui lo facessi ecco che entrerei in conflitto con il desiderio di dissolvermi. Tornerei ad essere protagonista.


Forse potrebbe essere semplicemente il voler comunicare i sentimenti e le emozioni, quelle stesse pulsioni che ci rendono vitali. Penso che questo si possa fare senza necessariamente cadere nel misticismo e nella retorica. Anzi, sarebbe il disegnare un uomo come è realmente, spoglio di falsi valori e pregiudizi.


Avevo parlato sia con l’editore che con alcuni amici di un mio progetto: mi sarebbe piaciuto scrivere un libro di lettere mai scritte. Sarebbero state lettere che avrei voluto inviare, che sò, al Papa dell’Inquisizione, o a quello che ha fatto processare Galileo Galilei, ad Amstrong, il primo uomo che è andato sulla luna, l’unica persona che abbia mai invidiato nella mia vita. Lettera a personaggi della storia. Ma forse, al momento preferisco dissolvermi...

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