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Roberto Iannilli
LA PICCOLA BORRACCIA ROSSA
Avevo dimenticato la piccola borraccia rossa con il tappo a molla, a sorpresa la ritrovo nello zaino che sette anni fa Ezio ed io seppellimmo alla base della Farfalla, nel Paretone del Gran Sasso. La pesco in mezzo alle nostre cose, ha del nastro adesivo che chiude per sicurezza il tappo (non si sa mai si aprisse nello zaino) ed è ancora piena di Fernet.
Quando bivaccavamo ci piaceva berne un sorso alla sera, prima di chiuderci nel sacco a pelo, non mancavo mai di portarne una piccola scorta. Era il Fernet di allora, quarantacinque gradi di amaro inconfondibile.
Quella volta la lasciammo sepolta insieme al materiale di arrampicata e dei viveri, eravamo certi che dopo quindici giorni saremmo tornati per aprire la nostra via. Purtroppo in questa vita non esistono certezze e il sabato successivo Ezio, dopo tante avventure in montagna insieme, chiuse il suo capitolo terreno scivolando con la motocicletta.
Sono passati gli anni ed il Fernet sui banchi del supermercato è cambiato, prima i quarantacinque diventano quarantatre, poi scendono a quaranta ed ora a trentanove gradi. Una vergogna per gli appassionati dell’elisir di erbe che divide la popolazione terrestre in due: quelli che lo apprezzano esageratamente e quelli che non lo sopportano.
Mentre il Fernet cambiava, io dimenticavo quella piccola borraccia di alluminio. Era impossibile però dimenticare l’amicizia e i nostri sogni seppelliti in parete. Dopo sette anni sono tornato ha scavare come un archeologo dei sentimenti alla ricerca di qualcosa di irrecuperabile. Me la ritrovo tra le mani quasi a sorpresa, una bella sorpresa.
A casa, tolgo il nastro e stappo. Il profumo è il solito, più netto dell’attuale in commercio sgradato , il contenuto non è mutato nonostante sette inverni, sette glaciazioni e altrettanti disgeli. Ne bevo un goccio è mi commuovo.
Il gusto forte ed i quarantacinque gradi mi ricordano che altri sapori sono cambiati. Non solo il liquore è stato annacquato, molte altre cose hanno perso di significato dopo che quel giorno seppellimmo la nostra attrezzatura, l’ ultimo giorno insieme.
Bere questo liquore, invecchiato in borraccia di alluminio, mi da un piacere strano. Il sapore forte ed amaro ricorda momenti intensi, fatti di timore ed esaltazione, fatti di amicizia e condivisione. La stagionatura in borraccia sepolta al Gran Sasso gli dona però uno spiccato retrogusto di nostalgia, di perdita.
Sono solo 15 cl, durerà un po di tempo se lo sorseggio con parsimonia, poi la piccola borraccia sarà vuota e non tonerà più piena dello stesso liquido, ormai introvabile. Continuerò a rimpiangere i quarantacinque gradi bevuti con Ezio prima di addormentarci nei nostri sacchi a pelo.