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GIOCHI DI SCRITTURA E MONTAGNE

Ivo Ferrari


CUORE SOLITARIO

Mi sveglio di colpo, prendo velocemente la pila frontale, il cuore inizia a battere forte e mi chiedo cosa diavolo stia succedendo.

Come un felino salto giù dalla branda e altrettanto velocemente spalanco la porta del piccolo bivacco...

Sorpresa: all'esterno due simpatici topini mi fissano, pensando forse a cosa ci faccio qui, tutto solo al cospetto del gigante di pietra.

Spaventato, senza spiegare loro il motivo, ritorno all'interno, barricandomi dentro... “Ma che ci fanno i topi qui in montagna?”.

La mattina dopo arriva la risposta al mio interrogativo: sotto l'enorme sasso al cospetto del bivacco Cozzolino, ai piedi del Monte Agnèr, un mare di lattine e porcherie varie alimentano la vita notturna di simpatici topolini e compagni.

“Drin, drin...” - la mia sveglia mentale mi avverte che tra poco sorgerà il sole e con esso il momento di iniziare il mio sogno verticale.

Sono tranquillo, beh, forse non proprio! Lo sarò domani se andrà tutto bene... Brioche e succo di frutta del gusto che preferisco (pera) sono la mia colazione. Lo zaino è pronto, posso iniziare, esco dalla scatola di lamiera ma dopo pochi passi mi rigiro... stavo dimenticando di salutare quei due roditori che stanno nascosti ridendo alle mie spalle.


Velocemente inizio a salire in direzione del canale che divide l'Agnèr dagli Spiz Nord e Sud. Quando ci arrivo mi rendo conto che l'acqua che pensavo di trovare non c'è, le pozze sono asciutte.

“Caspita, la giornata inizia proprio bene!”. Abbandono il canale e comincio lo zoccolo tra gli spiz, qualche passaggio delicato mi fa subito capire di dover stare molto attento, l'ambiente è maestoso. Dopo circa un'ora sono alla base dell'itinerario creato da Lorenzo Massarotto e Sandro Soppelsa nel lontano 1981.

“Drin, drin” - questa volta non è la sveglia mentale ma quella del mio intestino che con un forte segnale mi consiglia di espellere prima di trovarmi in parete, magari in posizioni scomode, il cibo di ieri... Essendo educato non rivolgo le mie bianche chiappe verso la Nord-Est: non vorrei che si offendesse e non mi lasciasse passare!

Cento, duecento, trecento metri, sto salendo velocissimo. La roccia è sana, un po' fredda ma qua il sole non batte mai. Il cielo sopra la mia testa è invece di un azzurro irreale. Mi siedo su di un comodo terrazzino a prendere fiato, sulla mia destra intravedo l'itinerario aperto da Reinhold e Gunther Messner con Heini Holzer.

Le Pale di San Lucano sono illuminate dai caldi raggi del sole, in fondo alla valle il Tignas scende con le sue acque gelide. Oggi le macchine si fermeranno ai suoi lati e le famiglie prenderanno il sole, mangiando e bagnandosi i piedi nell'acqua.

“Forza - mi dico - non avrai mica intenzione di bivaccare su questo terrazzino?”.

“Uffa... non si può mai stare tranquilli”.

Riprendo l'ascesa verso sinistra ed eccomi sotto il famoso tiro di A2 che al contrario delle pozze del canale è completamente fradicio: una doccia in piena Nord-Est (benissimo!). Per un minuto penso alla discesa ma ormai sono qui, 500 metri sopra le ghiaie della base. Ieri Ettore, mio grande amico, mi ha promesso che sarebbe salito sulla cima dello Spiz Nord per vedere in diretta la mia solitaria sulla “Via del Cuore”. Lo cerco e chiamo a squarciagola... niente! Sarà ancora in cammino, penso, e con un senso di angoscia pianto due chiodi, appendo lo zaino, estraggo la corda (con me non ho nessun aggeggio meccanico per autoassicurarmi), prusik e via: mi do un sacco di corda e parto.

La fessura strapiomba, le mani diventano subito insensibili per il freddo. Non sto a raccontarvi i numeri da circo, il cuore mi batte talmente forte...

Mi appendo con tutto il corpo ai sottili cordini fatti passare in sassi incastrati di dubbia tenuta... miseria che duro! Esco dal tiro bagnato come un pulcino e contento di aver fatto i bisogni alla base!

Così per quattro lunghezze di corda, su e giù. Qualche parolaccia la grido al vento per scaricare la tensione. Quando giungo su di un piccolo terrazzino, sotto uno strapiombo fessurato, sento la voce tanto attesa dell'amico Ettore che mi giunge dall'altra parte, sullo Spiz Nord. Il cuore mi si riempie di gioia, sono talmente felice che scordo che la lunghezza che mi sovrasta è valutata VI e A2. La felicità fa strani scherzi.

Salgo il tiro in completa arrampicata libera nel senso che passo senza la corda e non toccando i chiodi (a dir la verità ne è stato lasciato solo uno). Ora le difficoltà calano un pochino. Sbaglio placca e devo ridiscendere con una breve doppia, attraverso a destra su roccia bucherellata e ruvida come la carta vetrata, un ostico strapiombo ed eccomi, nel vero senso della parola, sperduto nel cuore dell'Agnèr tra strapiombi e placche in scalabili.

Una sottile cengetta mi porta verso destra, 40 metri in traverso (miseria che duro!): V-VI grado, roccia bagnata, troppo sana e troppo friabile, un bel concentrato di difficoltà e - non so ancora il perché - non mi sono autoassicurato. So che non posso permettermi di sbagliare ma mi sento talmente padrone di questo mondo verticale da pensare di non poter cadere! Raggiungo due chiodi di sosta, mi assicuro e grido ad Ettore quanto sia stato arduo questo traverso.

Riprendo a salire ma - tanto per cambiare - la corda, che mi seguiva libera, ora libera proprio non è: si è incastrata e per poco non mi tira in basso. Tiro, impreco, ma niente, mio malgrado devo tagliarla a colpi di martello. Penso alle 200.000 lire andati in fumo, non al fatto di trovarmi a 1000 metri da terra con poco meno di 20 metri di corda: sarà forse che i miei finanziamenti stanno esaurendosi.

Una breve fessura mi conduce sotto i 40 metri di VI e A1: trattengo il fiato e mi fumo il tiro arrivando sull'enorme cengia a 200 metri dalla cima.

Tutti questi mesi passati sulle rocce del lecchese (Federica TVB), della Val di Mello e nelle mie Orobie hanno dato i loro frutti. Giungo in vetta dell'ombrosa parete Nord-Est dopo dodici ore di scalata solitaria, stanco ma felice. I raggi del sole mi accolgono, la vista spazia sul Civetta, Marmolada, Schiara, Monti del Sole, Angheraz, Tofana: bello, bellissimo!


Al rifugio Scarpa davanti ad un fumante piatto di pastasciutta Ettore guardandomi serio negli occhi mi dice:

“Sai, Ivo, col binocolo non riuscivo a vedere come ti assicuravi!”.

Gli rispondo: “Lasciamo perdere e pensiamo a mangiare”.



Agnèr parete Nord-Est: 1^ solitaria della Via del Cuore aperta da Massarotto e Soppelsa nel 1981 (agosto 2000).


Dedico questa salita a tutti gli amici ma in particolare all'amico del cuore, Ettore De Biasio.

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Altri racconti di IVO FERRARI possono essere letti sul suo blog: http://ivoferrari.blogspot.it/